Come il basket può salvare il mondo by David Hollander

Come il basket può salvare il mondo by David Hollander

autore:David Hollander [Hollander, David]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-03-14T12:00:00+00:00


PRINCIPIO 8

NESSUNA BARRIERA D’ACCESSO

Per chi conosce i playground, quel playground sei tu.

Puoi giocare al liceo o al college per quattro anni.

Puoi giocare da professionista per dieci anni.

Puoi giocare nei playground per tutta la vita.

È l’unica costante nel cuore del vero giocatore, la verità più alta del basket, punto. Quelli che sanno, questo lo sanno bene.

Bobbito Garcia, da For Those Who Know... The Playground, tratta da B-Ball NYC del fotografo Larry Racioppo

Fu la necessità ad aguzzare l’ingegno di Naismith: il nuovo sport doveva essere giocato al chiuso, su un pavimento duro, in uno spazio ristretto. Oggi abbiamo bisogno di ancora meno: bastano una palla e un canestro. Il basket si può giocare anche da soli, ma se ci provi con qualunque altro sport, non funziona. Tiri la palla, ti torna, tiri di nuovo. È facile. Ecco perché oggi si trovano canestri praticamente dappertutto: case popolari e campi di grano, playground del centro e vialetti di periferia, cortili e aie, vette del Tibet e pianure africane. Chiunque, ovunque, in questo preciso momento, potrebbe giocare.

Era questo l’intento, questo il ragionamento che ci stava dietro. “Il gioco che cercavamo doveva essere giocato da molti” ricorda Naismith in Basketball: Its Origin and Development “quindi doveva essere facile da imparare.” Facile da imparare significa facile da giocare. E in questo c’entrava molto la scelta della palla. Gli sport che si giocano con una palla piccola di solito richiedono uno strumento per colpirla: baseball, lacrosse, hockey, cricket, golf, tennis, squash. “In ciascuno di questi sport” dice Naismith “la mediazione dell’attrezzo rendeva il gioco più difficile da imparare.” Meglio pensare a un’attività da esercitare con una grossa palla “facile da maneggiare e che praticamente tutti riuscissero a prendere e tirare con poco allenamento”.

Il gioco doveva essere semplice da giocare, e l’area di gioco facile da allestire, se l’obiettivo era garantire la massima accessibilità. Nella sua introduzione a Rules for Basket Ball (1892), il primo libro edito sulle regole del basket, Naismith sottolineò esplicitamente l’accessibilità come prima precondizione del gioco: “Dovrebbe potersi giocare su ogni tipo di terreno – in una palestra, una grande stanza, un piccolo spiazzo, un grande campo – con superficie sia liscia, sia irregolare, in modo che non si renda necessaria alcuna preparazione specifica”.

Poi rimarcò: “Questo è particolarmente importante nelle grandi città, dove per trovare un campo da gioco di buone dimensioni si deve percorrere una distanza considerevole, cosa che lo rende inaccessibile a molti”. E concluse: “Il basket si può giocare su qualsiasi campo e qualsiasi tipo di superficie”.

Vero è che, come il basket si può giocare con un canestro appeso nel vialetto di casa o sulla facciata di un granaio, anche altri sport si prestano a mini-versioni adattate a spazi limitati: il touch football per le strade, il futsal improvvisato nelle favelas, il pond hockey. Ma nella forma completa e ufficiale, gli sport di invasione richiedono quasi sempre un campo lungo un centinaio di metri, mentre al basket ne bastano meno di trenta da canestro a canestro.

Le barriere di accesso avrebbero costituito un problema non da poco per James Naismith, in quel 1891.



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